La ritrattazione del testimone non può costituire, da sola, motivo di revocazione, salvo che la falsità delle dichiarazioni non sia stata accertata in sede penale o convenzionalmente riconosciuta; in mancanza di tali condizioni, il giudice della revocazione dovrebbe valutare la deposizione del teste e la sua ritrattazione per decidere se rispondente a verità sia l’una o l’altra. Il riconoscimento a cui fa riferimento il n. 2 dell’art. 395 c.p.c. non è, infatti, quello del soggetto da cui proviene la dichiarazione ritrattata, ma quello convenzionale della stessa parte che della prova si sia servita nel giudizio di merito, in quanto soltanto tale riconoscimento, costituendo prova legale, potrebbe integrare, al pari delle dichiarazioni giudiziali quell’accertamento definitivo e precostituito della falsità della prova, che è richiesto per l’istanza di revocazione. Pertanto deve essere dichiarato inammissibile il ricorso al C.N.F. per revocazione ex art. 395 n. 2 c.p.c. se basato sulla semplice ammissione (affermazione) del testimone di falsità delle precedenti dichiarazioni rese. (Dichiara inammissibile il ricorso per revocazione avverso decisione C.N.F., 30 novembre 2001).
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. CRICRI’, rel. PACE), sentenza del 15 luglio 2004, n. 180
Classificazione
- Decisione: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 180 del 15 Luglio 2004 (respinge) (sospensione)- Consiglio territoriale: COA Roma, delibera del 12 Luglio 1990 (sospensione)
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